Luca wrote:
… Ciò che giunge a noi e di una tale vastita, magnificenza, complessità, bellezza che può mutare il nostro mondo personale come un'onda muta il profilo di un castello di sabbia.
… L'unione di queste grandiose Fonti è un arabesco di una bellezza incomprensibile al momento ma intuitivamente abbiamo una parola con cui descriverla: Dio.
Ascoltare Dio cos'è se non ascoltare la forza che viene da questa immensa rete di luci..da questa interconnessione infinita e multidimensionale?
Dio è in noi.
Dio siamo noi.
Ma manifestarlo ed ascoltarlo è proprio ciò che stiamo cercando e per cui siamo qui.
Una volta che la nostra personale percezione, il nostro personale ascolto della nostra Fonte e della interconnessione chiamata Dio è attiva....tutto arriva.
Tutto si manifesta perché avremo conoscenza, intuizione, azione e flessibilità illimitate.
Amare noi stessi pienamente porta ad amare gli altri pienamente.
Amare pienamente gli altri porta ad ascoltare con chiarezza la nostra Fonte e le altri Fonti.
Ascoltare con chiarezza porta a trasformare, rinnovare l'intera nostra vita.
L'intero nostro mondo può vibrare e cambiare.
L'intera nostra esistenza può cantare, una nuova melodia: la melodia di Dio.
Condivido in pieno!
Ascoltare quello che c’è, senza farsi imprigionare dalle
“visioni limitate, il non voler credere, il già detto”.
La cosa migliore che ognuno di noi possa fare per gli altri e per il mondo nel suo insieme, è ascoltare e centrare il più possibile la propria onda, la propria “colonna sonora” esistenziale e farsi portare da lei.
Affrontando, essendo centrati nel proprio spirito, gli eventi e le scelte che si presenteranno. Man mano che si presenteranno.
Devo riconoscere che la mia mente umana non è una grande pensatrice (vorrei aggiungere: per fortuna

), e quindi per me è naturale semplicemente abbandonarmi all’esistenza e ai miei flussi correnti, invece di predisporre intenzionalmente delle cose, oppure indagare sul perché e per come.
Cerco di assecondare il mio modo giusto di essere, e ogni giorno è come se cominciassi da capo, mi alzo e cerco di centrare e di assecondare il mio corrente regime giusto (alias conduttivo) dell’interazione con il mondo.
Cerco di fluire, esprimendo il mio “Io sono” e il mio personale regime della felicità, pronta a “ricalcolare” il mio percorso e la mia orbita in ogni momento…
Però, oltre a fluire, è anche importante predisporre la condizione dell’OSSERVATORE.
È una condizione della propria presenza che va oltre i vari regimi correnti della propria presenza ("correnti": nel senso che camminano, che scorrono, che hanno una parvenza di linearità e di prospettiva, mentre la presenza nella modalità dell’Osservatore è diversa, è una specie di punto di riferimento inamovibile, un “origin point” del nostro stato di Sé, che, però, non è del tutto fisso, ma il suo movimento viene regolato a livello dei sistemi delle coordinate a cui non possiamo avere un accesso diretto, per lo meno non ancora, non adesso).
È importantissimo che l’Osservatore osservi, ma senza fare il silenziatore oppure il giudice nei confronti degli altri miei “modus vivendi”.
Osservo secondo lo spirito di questa formuletta magica
“I see you play” che l’etere mi aveva donato.
Osservo il “play” (il mio e quello degli altri, altri nel senso ampio, non devono necessariamente essere delle persone), e poi mi nascono dentro delle sfumature di comprensione che prima non avevo.
Che a volte percepisco come degli spazi vertiginosi e come dei volumi esistenziali innominabili, impensabili ed inimmaginabili...
A volte (soprattutto in compagnia di altre persone e dei loro rispettivi “play”) provo una sensazione fugace di non so cosa: un po’ la tristezza, un po’, forse, la vulnerabilità (la vulnerabilità dei miei involucri umani? oppure della mia anima, scoperchiata e messa a nudo, una cosa superdelicata che, però ha il coraggio e la presenza di spirito per tuffarsi nella mischia?), o il sentore dell'infinito, oppure la sensazione che io con questo mio Sé sono così unica ed irripetibile che sono anche sola (nel senso che posso condividere le cose con gli altri fino ad un certo punto e non oltre).
La solitudine e la “privacy cosmica”, che viaggia in coppia con il senso della propria unicità e completezza.
Un’emozione così infinita e con così tante sfumature che la nostra natura e psiche umana non sa come reggerla né come descriverla.
Una specie di “bonjour, tristesse!” che nello stesso tempo è anche un “buongiorno, gioia e felicità!”.
“Buongiorno, il Tutto, e benvenuto sulla Terra! Non so ancora come relazionarmi con te, non so come sarà il tuo ordine, ma so senza ombra di dubbio che tu sei la cosa più bella e più giusta e più splendida che mi potesse capitare. Grazie, grazie, grazie infinite…”
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