

Spero che Lastochka non avrà niente da ridire su questa mia mossaLastochka wrote:just now have seen, the post's number to our russian forum has reached four seven's 7777![]()
A quel punto mi sono ricordato di aver già visto questa tipologia di numeri felici conducendo le ricerche sul 144 (che è una delle istanze di questa specie)Wikipedia wrote:Un numero di Harshad in una data base è un numero intero positivo divisibile per la somma delle proprie cifre.
La definizione dei numeri di Harshad è stata data dal matematico indiano Dattatreya Ramachandra Kaprekar. Il termine Harshad deriva dal sanscrito “harṣa” che significa “grande gioia”. A volte ci si riferisce a questi numeri anche come numeri di Niven, in onore del matematico Ivan Morton Niven.
E tutto questo potrebbe avere qualche tipo di correlazione col Canada e gli Attachments…Andrea wrote:Oggi, occupandomi di due numeri che sentivo pertinenti al (Nuovo) Forum, precisamente 55.55 e 88.88, ho scoperto che la loro somma fa 144.43riconducendo a certe profezie riguardanti il mitico numero 144.000.
Nella loro forma periodica, abbiamo che
55.555555555555... + 88.888888888888... = 144.444444444444...
..anche il tuo post è stato il numero 50Anna wrote:Stanotte o credo stamattina![]()
forse era un sogno o altro non lo so, si è fatto vivo il numero 50. lo racconto come lo ricordo: c'era una voce fuori campo che diceva che la banconota da 50 euro aveva un altro senso e che bisognava guardarla da noi verso lei, che la sua materialità ( il concetto tutt'ora io non riesco spiegarlo , anche se detto dalla voce sembrava talmente semplice) è inversa a come la identifichiamo. In un successivo incontro credo, c'era un gruppo di tre 5 che si muovevano davanti a me. Ah nei miei utimi sogni notturni ho gente che gira con moncherini al posto delle braccia. Come se gli fosse negata l'interazione l'operativa degli altri....a me sembrava comunque una situazione in cui loro non ne fossero consapevoli e neanche cercassero di esserlo.
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Vale....non l'avevo visto..anche il tuo post è stato il numero 50
E giusto per non farci mancare le conferme della Potenza del Campo... questo tuo post Anna era il numero 4777 della Sezione in Lingua Italiana!!!Anna wrote:Vale....non l'avevo visto..anche il tuo post è stato il numero 50![]()
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Un'abbraccio presto mi rifaccio viva! sembra che decisamente il campo si stia muovendo molto molto velocemente....
Andrea grazie......![]()
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Sia il 4 che il 7 sono compagni della mia presenza qui.....poi c'è l'8......E Giusto per non farci mancare le conferme della Potenza del Campo ... QUESTO Tuo messaggio Anna era il NUMERO 4 777 della Sezione in Lingua Italiana !
Visto che questo è il topic della "matematica" illuminanteLastochka wrote:tomorrow will be the mirror day 13.02.2013..
Adesso scrivendo in russo (c'è molta collaborazione anche nell'onda russaIrinushka wrote:
E per concludere, un'altra definizione della realtà familiare e generalizzata: "average"...
Il termine inglese che si è gentilmente (ormai in un modo o nell'altro collaborano tutti! E notarlo dà una soddisfazione pazzesca![]()
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) scomposto in: "Ave, Rage", e cioè, "Rabbia (o Collera), ti saluto"...
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Più chiaro di così...
viewtopic.php?f=10&t=112&p=6640&hilit=cocco#p6640" onclick="window.open(this.href);return false;Irinushka wrote:
A questo punto voglio proprio presentarvi un classico dell’epoca sovietica, una canzone “L’Isola della sfortuna” (faceva parte della colonna sonora di un simpaticissimo film comico).![]()
Il video parla da sé, e intanto traduco le parole:
“Tutta coperta dal verde, ma proprio tutta
C’è un’isola della sfortuna in mezzo all’oceano
Là vivono degli esseri umani selvaggi molto infelici
Un po’ brutti, a vederli in faccia, ma dolcissimi dentro
Qualsiasi cosa facciano, non gli va bene niente
A quanto pare, sono venuti alla luce il giorno del lunedì
Non riescono ad acchiappare il coccodrillo e la pianta del cocco non cresce
E allora piangono, e pregano Dio, scorrono i fiumi di lacrime
Non sono mica del fannulloni e potrebbero vivere benissimo
Solo che dovrebbero “abolire” i lunedì
Però, che disastro: sull’isola non esiste (non è conosciuto) il calendario
E allora i piccoli e i grandi vivono nel tormento
E dall’alba al tramonto
Questi sfortunatissimi esseri selvaggi continuano a piangere
Singhiozzano, i poveracci, e maledicono la propria sorte:
In un giorno che non esiste e in un anno che non c’è”.
Mi ricordo che nel 2005 ho fatto un sogno in cui veniva interpretata questa canzone e ad un certo momento l’artista (Andrei Mironov), arrivato al discorso del calendario, si fermava, poi ripartiva e di nuovo si fermava (come se lo stesse bloccando una barriera invisibile), e poi si guardava intorno, si accorgeva di me e mi diceva: “Avanti! Vieni qui e racconta tu stessa, come andrà a finire!”![]()
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Non ho mai dimenticato quell’invito molto esplicito a far luce su qualcosa che all’epoca non era nemmeno verbalizzabile, ed ora penso che ci siamo, ci siamo proprio: ora abbiamo accesso al vero “calendario” e quindi possiamo abolire i nostri fatidici “lunedì”, alias la condizione del tempo e dello spazio “impostata” in modo tale da riprodurre continuamente “il baco” della sfortuna e dell’infelicità dovuta all’incompletezza.
Irinushka wrote:viewtopic.php?f=10&t=112&p=6640&hilit=cocco#p6640" onclick="window.open(this.href);return false;Irinushka wrote:
“Tutta coperta dal verde, ma proprio tutta
C’è un’isola della sfortuna in mezzo all’oceano
Là vivono degli esseri umani selvaggi molto infelici
Un po’ brutti, a vederli in faccia, ma dolcissimi dentro
Qualsiasi cosa facciano, non gli va bene niente
A quanto pare, sono venuti alla luce il giorno del lunedì
Non riescono ad acchiappare il coccodrillo e la pianta del cocco non cresce
E allora piangono, e pregano Dio, scorrono i fiumi di lacrime
Non sono mica del fannulloni e potrebbero vivere benissimo
Solo che dovrebbero “abolire” i lunedì
Però, che disastro: sull’isola non esiste (non è conosciuto) il calendario
E allora i piccoli e i grandi vivono nel tormento
E dall’alba al tramonto
Questi sfortunatissimi esseri selvaggi continuano a piangere
Singhiozzano, i poveracci, e maledicono la propria sorte:
In un giorno che non esiste e in un anno che non c’è”.
Mi ricordo che nel 2005 ho fatto un sogno in cui veniva interpretata questa canzone e ad un certo momento l’artista (Andrei Mironov), arrivato al discorso del calendario, si fermava, poi ripartiva e di nuovo si fermava (come se lo stesse bloccando una barriera invisibile), e poi si guardava intorno, si accorgeva di me e mi diceva: “Avanti! Vieni qui e racconta tu stessa, come andrà a finire!”![]()
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Non ho mai dimenticato quell’invito molto esplicito a far luce su qualcosa che all’epoca non era nemmeno verbalizzabile, ed ora penso che ci siamo, ci siamo proprio: ora abbiamo accesso al vero “calendario” e quindi possiamo abolire i nostri fatidici “lunedì”, alias la condizione del tempo e dello spazio “impostata” in modo tale da riprodurre continuamente “il baco” della sfortuna e dell’infelicità dovuta all’incompletezza.